venerdì 29 aprile 2011

Studenti universitari: mai senza pc e cellulare!




Gli studenti universitari non possono più fare a meno dei nuovi media. A dirlo è lo studio “The World Unplugged” , condotto dall’Università del Maryland.
Al primo posto tra i mezzi elettronici di cui non si può fare a meno c’è il telefonino, ma il rapporto di dipendenza si è rilevato molto simile anche con altri mezzi quali il computer e soprattutto l’utilizzo di internet. Gli studenti universitari utilizzano infatti il web per svariate attività, sia come mezzo per comunicare con gli amici, basti pensare al successo dei social networks, sia come canale di studio in cui svolgere ricerche, cercare corsi universitari e confrontare i programmi dei master.

Lo studio realizzato in collaborazione con l’Academy on Media and Global Change di Salisburgo e svolto su 1000 studenti universitari in 10 Paesi del mondo consisteva nel privare i ragazzi di qualsiasi dispositivo elettronico per 24 ore.
I risultati dello studio sono sorprendenti: più della metà non è riuscito a terminare le 24 ore, il 79% ha riscontrato sintomi associabili all’astinenza e solo il 21% ne ha colto dei benefici.
 Un articolo pubblicato su Universita.it  riporta il feedback di alcuni studenti:

“Smaniavo come un pazzo, perché non potevo usare il telefono”, riferisce uno studente americano. “I media sono la mia droga, senza mi sento perso, sono dipendente”, ammette un altro giovane inglese, mentre un ragazzo cinese dice: “Senza esagerare, stavo andando fuori di testa”. Dall’Argentina uno studente racconta di essersi “sentito morto”, mentre uno studente slovacco scrive di essersi sentito “triste, solo e depresso”.
  
Quanto è piccolo il mondo? Questi feedback ci permettono anche di cogliere la forza della globalizzazione. Studenti universitari di tutto il mondo sono sempre più legati da interessi e abitudini comuni.
Ma quali sono le conseguenze di questa globale dipendenza dai media?
L’articolo cita anche la dichiarazione di un giovane studente di Hong Kong

“che ha improvvisamente scoperto che l’uso compulsivo di telefonino, computer e mp3 sottrae tempo allo studio e al contatto diretto con gli amici. Un’intera generazione a livello globale, tuttavia, non riesce a immaginare di viverne senza.”

Vale forse la pena, quindi, spegnere ogni tanto questi mezzi e riscoprire il piacere delle relazioni umane?

L’articolo citato si conclude con una frase che invita alla riflessione:

“Far studiare i ragazzi sul cellulare potrà essere una soluzione?”

Ovvero, se tali abitudini sono così radicate negli studenti da non riuscire a modificarle è il caso di adottare strategie alternative che ne limitino i rischi? Se i media distraggono dallo studio potrebbe essere un bene promuovere lo studio sui cellulari?

Se vuoi leggere l’intero articolo lo puoi trovare qui: “Nuovi media, in tutto il mondo studenti dipendenti da pc e cellulare”.

E tu condividi le sensazioni di questi studenti universitari o riusciresti a vivere senza telefonino? Non ti resta che provare!

mercoledì 27 aprile 2011

Studio e lavoro: i giovani vogliono Google




Studio e lavoro: dopo la laurea, il desiderio di 1 giovane americano su 4 è di essere assunto a Google.
Questa indagine, condotta in America e riportata dal Wall Street Journal  ha mostrato il netto interesse di un campione di neolaureati, con un’esperienza lavorativa dall’uno agli otto anni, verso il noto motore di ricerca, subito seguito da Apple.

Studio e lavoro: i giovani arrivati al traguardo della laurea che ambiscono a Google dichiarano dunque un chiaro sintomo di interesse ad un impiego che li renda
- professionisti
- parte di una struttura aziendale considerata solida e articolata
- sicuri, in un’ottica di crescita e stabilità economica a venire

Diventare professionisti con la lucidità di puntare in alto, in una struttura aziendale solida e in costante sviluppo, non è da tutti ed è un esempio che può motivare le giovani leve in preda al panico sul proprio futuro. Luoghi di lavoro come Google prevedono possibilità di inserimento in seguito a selezioni impegnative: è allora focale capire come arrivare a fare il grande passo.

Studio e lavoro sembrano termini sempre più strettamente legati, dove il Lavoro in qualche modo dipende direttamente dal tipo di Studio.
Se stai cercando un percorso che ti aiuti dopo la laurea, usa il servizio Cerca Master di Master4You: potrai scegliere tra i migliori master disponibili.

Ma perché Google?

“I giovani professionisti generalmente aspirano a lavorare in compagnie che amano come consumatori”, ha osservato Kasia Do, project manager di Universum: «influiscono molto anche fattori come la forza finanziaria della compagnia e l'apparente stabilità lavorativa che si ritiene possa essere garantita».

L’articolo de la stampa.it che menziona la notizia e affronta la questione osserva, a ragione, che Google, nell’affrontare i tagli del personale dovuti alla crisi economica mondiale ha saputo gestire le sue risorse puntando alla conservazione dei contratti e limitando sensibilmente la riduzione del personale rispetto alla media globale.
Esiste dunque una corrispondenza tra l’ambizione dei giovani laureati e la realtà aziendale a cui anelano.

Studio e lavoro: chi sono questi giovani?

Studenti – o ex studenti – che evidentemente hanno già investito non poco sulla propria formazione, con l’interesse a identificarsi in un sistema aziendale che agisce su mondi a loro noti attraverso linguaggi attuali e sistemi innovativi. Non a caso, Apple, è secondo classificato nella lista.

Per approfondire:


E tu, nel cercare posto in una grande azienda, pensi che studio e lavoro siano termini tra loro consequenziali?

martedì 26 aprile 2011

eBook: come cambia l’insegnamento.


L’eBook fin dalla sua nascita ha generato un accesso dibattito tra i sostenitori di questa nuova tecnologia e gli amanti del buon vecchio libro. Che si faccia parte degli amanti del profumo della carta o al contrario di coloro che non possono più fare a meno di un e-reader  bisogna ammettere che la transizione verso il digitale è ormai un fenomeno irreversibile.

La praticità di fruizione e l’aggiornabilità dei contenuti di un eBook lo rendono un prodotto idoneo per testi di formazione ed istruzione. Ma riusciranno davvero gli eBooks a rivoluzionare il mondo dell’insegnamento? Un primo cambiamento nel settore si verificò già con l’introduzione di corsi di formazione interamente online. Se sei interessato a conoscere i migliori master presenti sul mercato e tra questi scoprire chi offre corsi online prova il servizio Cerca Master.
L’evoluzione iniziata non sembra fermarsi. Cito a questo proposito un articolo di Maddalena Camera pubblicato il 29 marzo sul ilgiornale.it, in cui si parla del primo corso universitario interamente basato su eBook:


“Il progetto è stato realizzato in collaborazione con tre docenti dell'Università degli Studi di Padova in uno dei corsi più innovativi dell'Ateneo, Italian Entrepreneurship - Organizzazione e Governo delle Piccole e Medie Imprese. Partner tecnologico dell'operazione ASUS, che ha fornito i nuovi Eee Note EA-800, ebook che permettono anche di prendere appunti assicurando numerose altre funzionalità, tra cui quella di eReader, voice recorder, la riproduzione di audio libri e la possibilità di scattare foto.
Nata da un'idea di libreriauniversitaria.it nel quadro del proprio impegno per lo sviluppo tecnologico dell'editoria universitaria e del proprio legame con il mondo accademico, la sperimentazione si pone il fine di studiare l'impatto dell'ebook sulla didattica dei docenti e sull'apprendimento degli studenti. Il progetto sarà seguito da un'attività incrociata di analisi e ricerca che metterà in luce difficoltà, vantaggi e possibili miglioramenti che docenti e studenti evidenzieranno al termine del corso.”


Per conoscere i risultati di questa iniziativa bisognerà quindi aspettare il termine del corso, quello che possiamo già constatare sono le opportunità e i vantaggi che gli eBooks possono apportare all’insegnamento universitario:


“ L'utilizzo dei volumi elettronici consentirà infatti di sviluppare nuovi strumenti di condivisione e interazione sul testo da parte di studenti e docenti che potranno dare indicazioni e suggerimenti, porre domande e confrontarsi. Un cambiamento importante delle formule di insegnamento con un impatto positivo per la didattica e per l'accesso allo studio.”


Per il momento non possiamo affermare che l’eBook migliorerà la qualità dell’insegnamento, la sola cosa certa è che gli enti di formazione dovranno informarsi ed aggiornasi su tutti i possibili sviluppi, per mantenersi al passo coi tempi.
Se vuoi continuare a leggere l’articolo di Maddalena Camera lo puoi trovare qui: “Asus e Webster portano l’ebook all’università”, guarda anche “Master online: e l’aula dov’è finita?


E tu cosa ne pensi? Sei fedele al libro stampato o ti piacerebbe seguire un corso interamente basato su eBook?

venerdì 22 aprile 2011

Specializzazione post laurea: Comunicazione vs Gelmini.



Specializzazione post laurea: una interessante questione che si lega direttamente agli indirizzi proposti dell’università italiana. Un master può servire a qualcosa se gli anni universitari si sono spesi intorno ad un indirizzo di laurea giudicato ‘inutile’? E ancora, chi ha la giusta facoltà di giudicare un indirizzo di laurea: un’analisi statistica fondata su dati o un ministro della pubblica istruzione in visita ad un ateneo?
Circa tre mesi fa il Ministro Gelmini rilasciava, infatti, una nota intervista durante una visita in una università italiana: in quell’occasione parlava esplicitamente di ‘inutilità’ della facoltà di Scienze della Comunicazione, al punto da sollevare una serie di reazioni tra studenti, media e personale universitario, assai accese.
Parlando della Facoltà venivano spese parole dure da digerire, soprattutto per chi vedeva volatilizzarsi una possibilità di concretizzazione dei propri investimenti economici, di tempo e, non ultimo, di determinazione ad un obiettivo.
Specializzazione post laurea: se già questa fase di scelta è assai complicata per un giovane studente e/o lavoratore, figuriamoci l’alto tasso di pessimismo  che un’affermazione del genere può aver suscitato.


C’è stato addirittura qualcuno che, toccato dalla gravità delle affermazioni, ha chiesto un risarcimento dei danni: “Simona Melani, venticinquenne laureata in Scienze della Comunicazione e specializzanda in Pubblicità, chiede allo Stato un risarcimento. Secondo la ragazza aver permesso a tanti studenti di frequentare una facoltà inutile a detta delle stesse istituzioni o è truffa o è circonvenzione d’incapace. In entrambi i casi, un reato”, riporta l’articolo pubblicato su universita.it del 26 gennaio scorso.

Specializzazione post laurea: conviene a questo punto chiedersi
- cosa rende una facoltà più utile di un’altra
- come si può valorizzare quella facoltà indirizzandola ad uno sbocco professionale.


Studiare, mai come oggi, è una scelta strettamente finalizzata al reperimento di un lavoro, all’obiettivo di un futuro sorretto da una base di sicurezza economica, alla speranza di poter dare voce ad una vocazione o, in sua mancanza, ad una scelta costruita negli anni.
Una facoltà come quella in esame offre certamente un approccio generalista che necessita di un’integrazione pratica e di un indirizzo specifico.


Una specializzazione post laurea può certamente integrare l’indirizzo di una facoltà, ma dipende sempre da che percorso si vuole intraprendere.
Il punto è che non esiste una facoltà utile ed una inutile: questo infatti dipende dall’efficacia di un sistema universitario che, forse, non affida sufficiente valore ai contenuti e ai metodi didattici adottati. 


Dichiarare ‘inutile’ una facoltà equivale in qualche modo a vanificare una pianificazione individuale – e familiare- degli anni tra i più decisivi di un giovane, svuotando di senso il settore o la competenza professionale stessa.

Per approfondire:


E tu, pensi che una specializzazione post laurea possa salvarti dall’’inutilità’ (per dirla con la Gelmini) di alcune facoltà?






mercoledì 20 aprile 2011

Studiare all’estero: è diventato inevitabile?




Studiare all’estero: una decisione presa da un numero sempre più crescente di studenti. Cosa spinge gli studenti di tutto il mondo ad emigrare?  

Questa migrazione studentesca colpisce infatti gli universitari di tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Turchia, dall’Italia alla Spagna. Il famoso detto “tutto il mondo è paese” sembra rappresentare correttamente la situazione attuale. Le opportunità che i giovani studenti italiani hanno di studiare all’estero sono tantissime: utilizzando un servizio specifico come il Cerca Master puoi consultare un elenco di master tra cui trovare quello adatto a te.
Vorrei citare un articolo di Luigi Offeddu uscito un mese fa su Corriere.it, che offre una panoramica interessante sull’argomento. L’articolo si apre con un aforisma di Milan Kundera “La vita è altrove”:

«La vita è altrove», diceva Milan Kundera lo scrittore. La vita è altrove, hanno detto i 2,4 milioni di studenti europei che negli ultimi vent'anni se ne sono andati a studiare per pochi mesi o pochi anni in un Paese diverso dal proprio, raddoppio secco dal 1980 a oggi: 200 mila in viaggio solo l'anno scorso, per i progetti Erasmus o Leonardo dell'Unione Europea (8,7% in più rispetto al 2009), ma anche 30.500 espatriati per frequentare stage nelle imprese (aumento del 50%). E decine di migliaia di altri per gli accordi bilaterali fra Stati e università, compresi i molti finiti in Giappone, negli Usa, in Cina o in Australia. Come gli studenti dell'università di Parma - ingegneria gestionale - che partecipano a una classe internazionale fra Spagna e Usa, o quelli che trascorrono a Tokyo 4 mesi di corso linguistico e poi 8 mesi di stage in un'azienda, sponsorizzati dal ministero dell'Economia giapponese; o ancora quelli che vanno a studiare per un anno il design o le energie rinnovabili in Finlandia, invitati dal governo di lassù.

Dall’analisi della documentazione fornita dal commissario europeo alla cultura, Androulla Vassiliou, Offeddu identifica le principali spiegazioni del fenomeno:

“prima il crollo del Muro, certo (la Polonia, da cui 20 anni fa non usciva quasi nessuno, oggi è in testa alle classifiche per il numero di studenti «espatriati»); poi la globalizzazione digitale, lo tsunami di Internet; e sulla scia di tutto ciò, la semplice scoperta che un passaporto può regalare cultura, snebbiare la testa.”

“Un passaporto può regalare cultura, snebbiare la testa.” È questo quindi che spinge i giovani universitari a studiare all’estero. La ricerca di un’esperienza di vita che li aiuti a crescere, che apra loro una finestra sul mondo, che li renda partecipi di una cultura universale e multietnica. Un’esperienza di valore sia dal punto di vista formativo sia da quello umano. L’opportunità di conoscere stili di vita diversi e creare una rete di amicizie e di ricordi che li facciano sentire cittadini del mondo.

Se vuoi leggere tutto l’articolo di Luigi Offeddu lo puoi trovare qui: “Se il prof dice agli studenti: andate a studiare all’estero”.

E tu, stai pensando di studiare all’estero? Ecco degli articoli che possono esserti utili:


lunedì 18 aprile 2011

Energy manager: studiare per diventarlo?




Energy manager: studiare per diventarlo? La figura professionale in questione risuona tra le più inedite del mercato italiano e di cui ci sarebbe moltissimo da dire, sia riguardo alle sue funzioni sia alla sua spendibilità.

. Energy manager: chi è costui?
L’Energy manager è letteralmente un Responsabile della conservazione e dell’uso razionale dell’energia. Questa figura è prevista nelle realtà di pubblica amministrazione e di enti privati: da vent’anni a questa parte la legge ha infatti reso obbligatoria la sua presenza in tutte quelle aziende e industrie che registrano un consumo energetico superiore a dati standard stabiliti.
Questo ruolo, all’estero, ha ottenuto negli stessi ultimi vent’anni un chiaro riconoscimento in termini di utilità e specializzazione, cosa che si è andata a consolidare negli ultimi anni, grazie anche a fattori che hanno contribuito a svilupparne l’attività. Tra questi: cultura dell’ambiente, impiego delle tecnologie al servizio dell’energia rinnovabile, investimenti a favore di sistemi innovativi, al servizio dell’ambiente.

. Energy manager: esiste un percorso formativo che conduce alla professione?
Corsi di formazione in questa area sono sempre più frequenti e, date le premesse, auspicabili.
Gli ultimi anni ci suggeriscono infatti che questa è una delle professioni del futuro, visti gli sviluppi nella direzione della sostenibilità ambientale e gli investimenti dell’industria, tutta, per un uso consapevole dell’energia.
Master e qualificati corsi di formazione permettono di intraprendere una specializzazione attraverso studi mirati di contenuto e apprendimento degli aspetti più manageriali, richiesti per assumerne il ruolo. La peculiarità di questi percorsi, peraltro, risiede anche nella durata: si tratta spesso di iter (di formazione o aggiornamento) concentrati in assi temporali non troppo lunghi.

Energy manager: qual è la sua spendibilità in Italia?
L’Energy manager, di fatto, ha le seguenti funzioni:

-  gestionali: ottimizzare e migliorare il consumo energetico (parliamo di un ordine di tonnellate, per intenderci) sia presso enti pubblici che privati, con l’obiettivo di razionalizzare i consumi e dunque operare un risparmio.

- manageriali: elaborare dei piani di risparmio energetico implica la conoscenza di numerosi temi e un’assunzione di competenze assai trasversali. Le aziende che applicano l’utilizzo di questa figura professionale, legalmente riconosciuta e richiesta, dovrebbero avere una grande coscienza del ritorno economico di cui giovare, attivandone i piani.

- consulenziali: è più probabile che l’Energy manager spenda la propria professione in  termini di consulenza per più realtà industriali che non rimanendo fissamente legato ad una sola realtà. Le diverse fasi gestionali dei progetti contemplano infatti la possibilità di applicare un piano di controllo di consumo su più fronti.

Se dunque ami l’ambiente, hai una vocazione per gestire progetti innovativi e ti interessano i temi della eco sostenibilità, questo può diventare un indirizzo professionale su cui investire tempo ed … energia.

Per approfondire:


E tu, pensi di voler diventare un Energy manager?

venerdì 15 aprile 2011

Responsabile comunicazione: studiare per diventarlo?



Responsabile comunicazione: studiare per diventarlo? Una figura professionale che, proprio nel mezzo della crisi economica non sembra cedere al mercato, è quella che si occupa di gestire l’immagine e la notiziabilità di un marchio, di un’azienda o di un evento.

Responsabile comunicazione: chi è costui?
Si tratta di una figura professionale complessa e multi tasking, potremmo dire, perché deve sviluppare un piano di comunicazione legato alle esigenze di visibilità richieste e, per questo, dipende direttamente da:
- un piano di marketing che ne fissi obiettivi attraverso un momento di analisi; un budget totale da distribuire tra le varie azioni e una tempistica che definisca l’andamento dell’attività totale.
- Una strategia globale pianificata in funzione del tipo di comunicazione (eventi, comunicazione istituzionale, ufficio stampa, pr, pubblicità, media, ecc.; l’insieme di queste attività o solo alcune di esse).
- Un reperimento e coordinamento di tutte le risorse (personale, fornitura, mezzi).
- Un’attività di feedback, successiva all’evento vero e proprio (che si tratti di un evento fisico o di un’uscita editoriale, della diffusione di materiale istituzionale o della realizzazione di una campagna web), fondamentale per verificare l’efficacia dell’azione.

Responsabile comunicazione: perché resiste alla crisi?
Data la difficoltà di alcune aziende o marchi di mantenere il proprio standard produttivo e visto il sempre maggiore aumento della concorrenza sul mercato (sia che si tratti di servizi o prodotti), la comunicazione è in generale l’unico investimento tangibile in grado di rendere visibile la propria realtà nel mare magnum attuale.
Inoltre la comunicazione si pratica su un terreno che ne incrocia moltissimi altri: l’area progettuale e strategica del marketing, quella operativa della relazione con  fornitori, quella formativa delle risorse umane, quella creativa del corpo pubblicitario e quella di pianificazione nel rapporto con i media. Questo orizzonte di competenze rende la figura assai versatile.

Responsabile comunicazione: è così necessario intraprendere un percorso di formazione specifica per assumere questo ruolo oppure è sufficiente un po’ di pratica sul mercato?
Se la comunicazione è un’area in cui si può agire tranquillamente su più livelli e dove è sicuramente possibile ‘farsi le ossa’ in realtà mediamente piccole dove sono raggruppate in una, più figure professionali, tutt’altro discorso va fatto per chi ambisce ad un ruolo di responsabile comunicazione.
L’esercizio della parte operativa, l’allenamento sul campo vero e proprio dello svolgimento delle diverse fasi è infatti qualcosa che si apprende molto più praticando che non teorizzando; d’altra parte la strategia, il linguaggio di ruoli contigui e interdipendenti da quello di responsabile, invece, vanno alimentati da una preparazione precisa e sicura.
Occuparsi di comunicazione è una cosa seria: il fatto di progettare la regia di un evento nautico, ad esempio, non equivale a respirare sole e vento in costume con un cocktail in mano. Magari sì, ma non certo nelle vesti di fruitore!
Onerosi sono gli investimenti operarti dalle aziende per centrare un obiettivo di comunicazione e questo richiede uno spiccato senso di responsabilità e profonda conoscenza della professione.

Responsabile comunicazione: alcuni laureati nascono con questa vocazione nel cuore (a volte con poca cognizione di causa), altri giovani lavoratori sperimentano per caso il contesto lavorativo e decidono di approfondirlo seriamente attraverso corsi di alta formazione, master.
Ottimi sono, in questo senso, i percorsi di formazione proposti in tutta Italia (Milano resta la capitale della comunicazione ma va detto che negli ultimi anni, molte città hanno sviluppato questo aspetto in maniera decisiva).
I costi di master e corsi di alta formazione variano non di poco ed è sempre possibile trovare offerte di master disponibili.

Per approfondire:



E tu, hai mai pensato di essere un responsabile comunicazione?

mercoledì 13 aprile 2011

Designer: studiare per diventarlo?



Designer: studiare per diventarlo? Quanto c’è di creativo e quanto di tecnico in questa figura professionale che sembra avere uno sviluppo sempre crescente nella scena internazionale?

- Designer: chi è costui?

Certamente si tratta di uno dei fiori all’occhiello del made in Italy che, proprio in questa settimana a Milano, sarà al centro dell’attenzione del mondo intero, in occasione del Salone internazionale del Mobile, appuntamento in cui design e interni trasformano la città in uno scenario multiforme per addetti ai lavori e appassionati.
Il designer attinge ispirazione dalla scena internazionale e ha bisogno di alimentarsi costantemente di stimoli creativi, fondando le sue radici su un terreno di profonda conoscenza tecnica. Vale proprio la pena di pensare che in questo caso non esiste creatività in assenza di una padronanza tecnica.
Il design, in generale, risponde infatti ad un’esigenza specificamente pratica: la risoluzione di un uso attraverso un oggetto. E’ sbagliato credere che il designer sia volgarmente fautore di oggetti belli, o ancora dalle forme incomprensibili: il valore di un oggetto, per un designer, risiede innanzitutto nella sua utilità. La forma è una delle caratteristiche ad essa funzionali.

- Designer: è così necessario intraprendere un percorso di formazione specifica per assumere questo ruolo oppure è sufficiente un po’ di pratica lanciandosi sul mercato?

Una professione come quella del designer non si può improvvisare. Lo studio, per assumere titolo e competenze necessarie, è un elemento fondamentale per accedere alla professione. Se alcuni indirizzi di studio di fascia universitaria agevolano l’ingresso nel campo, sono soprattutto i percorsi di specializzazione ad avere largo spazio. L’Italia, in quanto a studi di design, è meta ambita da giovani studenti di tutto il mondo e, questo, è un caso eccezionale di questi tempi, in cui c’è un vero e proprio fenomeno di migrazione in altri paesi. I corsi di alta formazione e i master sia per neolaureati che per giovani lavoratori sono percorsi d’eccellente fattura, tenuti spesso da esponenti della scena internazionale, in grado di trasferire quelle competenze così peculiari di questa professione.

- Designer: quali requisiti e caratteristiche deve possedere?
. Nozioni tecniche specifiche (conoscenza dei materiali e della loro lavorazione, ad esempio)

. Calcolo, disegno tecnico e studio delle tecnologie: design e innovazione sono un tutt’uno.

. Esperienza ‘artigiana’: saper fare, in questo caso, equivale a conoscere e studiare. Solo la ricerca e la sperimentazione dei linguaggi permette la realizzazione di un’idea così articolata come quella del designer, che si tratti di un elettrodomestico così come di un palazzo.

. Si specializza via via in una direzione: oggi il linguaggio del designer si sviluppa lungo assi ben diversi tra loro. Dallo yacht all’interior design, dall’industrial al design di prodotto, si passano in rassegna tutti quegli spazi e quei luoghi che esigono una funzionalità a se stante.

. Capacità di analisi, sintesi e progettualità.

. Curiosità: e in questo caso non è un di più. Il designer deve costantemente informarsi, aggiornarsi, sperimentare un linguaggio attraverso una pratica. Il settore del design ha un costante sviluppo anche perché l’ispirazione proviene spesso da contesti contigui ma non necessariamente attinenti al design medesimo.

La competitività è accesa: un motivo in più per tentare di perseguire l’obiettivo con determinazione e apertura.

Per approfondire:


E tu, pensi di voler diventare un designer?



lunedì 11 aprile 2011

Marketing Manager: studiare per diventarlo?




Marketing Manager: studiare per diventarlo? Al giorno d’oggi cercare di capire cosa fare da grandi è la grande domanda che attanaglia la maggior parte dei giovani neolaureati. In risposta non c’è solo un’accurata autoanalisi di ciò a cui si è più portati, ma soprattutto il tentativo (spesso vano, in verità) di identificare i segmenti di mercato che presentano una maggiore possibilità di inserimento e vanno per la maggiore. In questo senso il ruolo del Marketing Manager sembra sempre affascinare non poco le giovani leve: nelle ultime settimane, non a caso, molti di voi hanno richiesto informazioni e opinioni su questa figura professionale.
Andiamo allora a vedere più da vicino di che si tratta.

- Marketing Manager: chi è costui?

Questa figura nasce tradizionalmente come responsabile di tutte quelle attività finalizzate al lancio, al posizionamento e alla vendita di uno o più prodotti su un dato mercato di riferimento.
Il Marketing Manager, semplificando, deve coordinare tutte le fasi dell’intero processo (analisi di mercato, studio e sviluppo del prodotto, sua distribuzione) che, a seconda del contesto, del prodotto e del mercato di riferimento si dipanano lungo un arco di tempo talvolta lunghissimo e comunque fitto di interventi, studi e  attività condotte da professionisti che si interfacciano tra loro, ognuno con un ruolo specifico.
Le variabili di questo mestiere sono moltissime e negli ultimi anni sono soprattutto dipese dall’andamento dei mercati, dagli sviluppi di nuove piattaforme tecnologiche e di comunicazione (2.0, web, ecc.), dalle nuove tendenze legate allo studio del Brand, dalle diverse tipologie dei contesti di lavoro (agenzie, aziende, società di consulenza), solo per citarne alcune.

- Marketing Manager: studiare per diventarlo?

Ebbene, sì. Questa figura non può prescindere da una preparazione specifica e questo è uno di quei casi in cui mi sento di affermarlo con nettezza.
Va detto che nella maggior parte dei casi, quando si intraprendono gli studi universitari, non è chiaro cosa si voglia diventare e non sempre si propende per gli studi economici. Dicesi lo stesso per coloro che, al termine di una laurea e magari già inseriti nel mondo del lavoro, sentono di avere una preparazione ancora troppo vaga e generalista.
Non solo, se gli studi economici sono certamente un’ottima base per intraprendere questa carriera, non sono tuttavia indispensabili in assoluto: ciò che infatti rende efficace l’apprendimento del marketing è il suo aspetto più manageriale, legato all’approccio pratico della mansione; cosa che, il più delle volte, è affidato ai professionisti del settore che si spendono all’interno di master e corsi di alta formazione post laurea.
Frequentare un master in marketing (che sia per laureati o giovani lavoratori) è una delle migliori opzioni per assumere le competenze  necessarie e associarle ad un metodo di lavoro: questo rende un master, in tal caso, una delle carte vincenti (cosa che non per tutte le professioni, effettivamente, vale) per poter accedere al ruolo. Un valido master in Marketing deve, in linea di massima, possedere:
. un corpo docenti costituito da professionisti attualmente protagonisti del mercato;
. una presenza di esercitazioni e case histories che occupi uno spazio importante (soprattutto nella fase finale del master) nella didattica totale;
. una cura ad erogare non solo gli aspetti teorico-basilari ma anche una metodologia di lavoro che venga assimilata, applicata e sperimentata per evidenziare da subito l’aspetto pratico che rende autonomi e in grado di gestire i contenuti in maniera reale. Educare al lavoro di gruppo è un aspetto, da questo punto di vista, che va affrontato con grande rilievo.
. un costante aggiornamento dei materiali didattici di riferimento;

- Marketing Manager: come capire se voglio diventarlo?

Questa figura, a qualsiasi livello e in qualsiasi contesto venga esercitata richiede innanzitutto una fortissima propensione al coordinamento e alla progettualità. Un marketing manager deve avere:
.  una lucidità rispetto agli obiettivi e saperla esercitare attraverso tutte le fasi intermedie che svilupperanno il progetto, nel rispetto di tempistiche e risultati;
. una capacità di analisi – essenziale per lo studio dei mercati competitivi, del target di riferimento, delle caratteristiche del prodotto – e di sintesi – per pianificare una strategia che tenga conto di tutti i dati rilevati.
. una disponibilità spiccata al lavoro di gruppo;
. una creatività nel pensare a ciò che si sta costruendo e che, nella fase ideativa, ancora non esiste in carne e ossa: questa è una caratteristica spesso sottovalutata, eppure estremamente importante.

Per approfondire:

E tu, vuoi diventare un Marketing Manager?

mercoledì 6 aprile 2011

Troppa offerta di master?



Se hai appena preso la decisione di fare un master, ti sarai reso conto dell’elevato numero di offerte formative ed enti di formazione presenti sul mercato.


Il master è una scelta importante: scegli con cura. Per farlo, poni attenzione a 4 aree:

  • Conoscere le Scuole di Formazione.


Il mercato della formazione post laurea è fortemente concorrenziale e l’offerta di master è equamente distribuita tra atenei universitari e Business School. Conoscerli entrambi è fondamentale. Per avere un’idea delle scuole presenti sul mercato è bene consultare un “elenco Scuole di Formazione” e prevedere un’analisi dettagliata che permetta di  conoscere diversi aspetti della scuola, tra cui l’organizzazione, il corpo docenti e i servizi offerti.  Importante è poi conoscerne la reputazione e il prestigio: cerca online e raccogli il maggior numero di notizie da conoscenti e da ex studenti. Stai per compiere un passo importante, informarti è un tuo diritto ma anche un tuo dovere. Un titolo di studio conseguito in una scuola che gode di una buona immagine accrescerà il valore del tuo curriculum.

  • Consultare un elenco master.

Se hai già preso la decisione di intraprendere un corso post laurea immagino che ti sarai precedentemente interrogato sui tuoi interessi professionali e sulle tue passioni ed aspettative. Se non l’hai ancora fatto ti consiglio un articolo che potrebbe esserti d’aiuto: Come scegliere un master? Una volta chiarito l’ambito in cui vuoi specializzarti è opportuno  documentarsi sull’intera offerta formativa. Alcuni master sono meno noti di altri ma non per questo meno validi. Consulta un elenco master: non limitarti a scegliere tra i più pubblicizzati! La velocità che caratterizza il mondo d’oggi porta al proliferare di nuove specializzazioni e professioni: informati e prendi una decisione al passo coi tempi.

  • Cercare le migliori offerte.

Leggendo i giornali ci si rende conto che per il momento la crisi non intende darci tregua: la preoccupazione che ne deriva spinge le persone a posticipare qualsiasi investimento. Per stimolare l’investimento formativo, pubblico e privato prevedono numerose facilitazioni e offerte per chi vuole fare un master: borse di studio, promozioni e sconti. Per non perdertene nemmeno una cerca un elenco offerte master e trova quella adatta a te.

  • Trovare la sede ideale.

È chiaro che in questo caso la scelta va fatta tenendo in considerazione le proprie esigenze quali la disponibilità economica, la famiglia o il lavoro, ma senza limitarsi nell’analisi delle opzioni possibili. Se non ci si può trasferire si può optare per un corso vicino a casa o per un corso online, oppure se il lavoro occupa gran parte della giornata si può considerare un master serale o uno nei weekend. Ma se il master che ti piace si trova in un’altra città o all’estero ed hai la possibilità di trasferirti non lasciare che la paura prenda il sopravvento: considera anche questa possibilità, potrebbe essere un’occasione unica di crescita professionale ed umana. 

Per scegliere attentamente tra l’offerta master disponibile è importante considerare questi 4 punti. Tra questi qual è l’aspetto per te più importante?

Per approfondire:

lunedì 4 aprile 2011

Master all'estero?



Master all’estero?  Se già decidere di frequentare un master non è scelta da poco, ci si mette anche il dubbio che l’estero sia migliore dell’Italia. Perché?

Non è solo per la contingente crisi del mercato italiano che la terra straniera viene vista come sponda di migliori opportunità; da sempre, infatti, un titolo di studio conseguito altrove costituisce, per così dire, un plus. Ma siamo certi che questo valga sempre e in ogni caso?

In generale, un master all’estero cosa può offrire? Quali sono le differenze tra un master in Italia ed uno all’estero?

.  Cercare un master in Italia non è tanto più semplice che cercarlo all’estero! Al contrario, spesso, nel secondo caso la ricerca è più mirata e limitata, con l’effetto di individuare più facilmente istituti di formazione e percorsi di interesse. Ed è ancora una volta la ricerca in rete lo strumento più adatto e mirato.

. La lingua inglese non è un dettaglio: finalmente ecco l’occasione per perfezionarla. Il mito dei giovani italiani incapaci di articolare una frase senza italianizzare il precario inglese non è così lontano dalla realtà. Un master in lingua straniera, che affronti temi specifici e richieda un lessico di settore, può perfezionare in maniera determinante la padronanza della lingua, spendibile sul lavoro. E’ ovviamente necessario partire da una base strutturata ed è sempre richiesta, in fase di selezione, una certificazione che attesti la perfetta conoscenza della lingua. Evitate dunque di proporvi se questo requisito non è oggettivamente attestabile.

. Sopravvivere all’estero: si può. Sono molte le politiche sociali che, all’estero, mettono a disposizione borse di studio per gli studenti stranieri. I bandi e i vari Application form cambiano di istituto in istituto e soprattutto di paese in paese. Occhio dunque a requisiti e scadenze.

. Master all’estero. E il lavoro? Appunto. Un aspetto cruciale che va assolutamente contemplato nella scelta riguarda la possibilità di sistemarsi in quel paese, scelto per il master, oppure prevedere un immediato  ritorno in patria, per sfruttare da subito il titolo ottenuto.
Nel primo caso bisognerebbe partire sondando già eventuali appoggi futuri e verificare che l’indirizzo di master abbia un buon riscontro su quel mercato del lavoro. Alcuni paesi sono infatti rinomati per buoni percorsi di studio, poiché rispecchiano un mercato che sviluppa quelle stesse specializzazioni.

Nel secondo caso bisogna invece tener presente se il contenuto di quel master sia fortemente determinato dalle inclinazioni del paese o se abbia una spendibilità dappertutto. Un esempio? Con una laurea in giurisprudenza, fare un master all’estero che abbia come contenuto lo studio delle leggi di quel dato paese potrebbe risultare non spendibile in Italia, a meno che non tratti argomenti di giurisprudenza internazionale. I riferimenti giuridici infatti potrebbero essere esemplari per quel paese ma non per questo. Attenzione dunque, nella scelta di un master all’estero, a considerare la destinazione della sua spendibilità.

Materie tecniche e legate allo sviluppo di alcuni settori potrebbero d’altra parte costituire un valido elemento di aggiornamento nonché titolo preferenziale qui o, al contrario, risultare troppo specifico per poter essere speso.

Un master all’estero si sceglie in un’età topica: non è più solo un esperienza, come ad esempio nel caso dell’Erasmus, in un tempo limitato al soggiorno a cui segue un certo ritorno a casa, bensì apre alla possibilità di un cambio di orizzonte significativo, ovvero un trasferimento vero e proprio.
Buona valutazione dunque, e in ogni caso, in bocca al lupo a tutti!

Per approfondire:



E tu, stai pensando di frequentare un master all’estero?