giovedì 30 dicembre 2010

Riforma Gelmini: il gioco delle 3 carte (2)



Riforma Gelmini nasce dalla volontà e necessità di ridurre le spese e per riuscirci si taglia il personale. Si prevede una drastica riduzione degli stanziamenti subito, bilanciata da una maggiore sovvenzione futura (chi vivrà vedrà) ai migliori atenei, giudicati da commissioni ad hoc.

In tempo di crisi, un processo di razionalizzazione è necessario e sacrosanto. Ci sono troppi enti inutili? chiudiamo quelli inutili o inefficienti! Troppi ospedali e case di cura? Zack! Troppe classi? Zack! Troppe borse di studio? Zack! Troppi Master? Zack! Troppe leggi? Zack! Troppo personale? Zack Zack!!
La via italiana alla razionalizzazione passa attraverso un processo di ricerca dell’efficienza che si traduce poi quasi sempre in una riduzione della forza lavoro, considerata l’unica variabile su cui si può agire. Si potrebbero recuperare molte più risorse semplicemente applicando la legge e ascoltando la Corte dei Conti oltre ad organismi comunitari che indicano con chiarezza dove stanno le frodi più gravi. Si preferisce invece (chissà perché) tagliare il personale (vale per il settore pubblico e anche per quello privato), considerandolo la voce di costo più gravosa (anche quando non è assolutamente così, come nel caso del settore automobilistico).

Il Governo con la riforma Gelmini fa il gioco delle 3 carte, ecco come funziona:


  1. C’è la crisi e dobbiamo tagliare i costi, tagliamo il personale inutile (i fannulloni di Brunetta)
  2. Trasformiamo le realtà pubbliche in aziende, che sono più efficienti (per i beni pubblici è vero il contrario, ma fa niente)
  3. Lasciamo al Governo di decidere chi sono i meritevoli, ad essi verranno date più risorse (non rispetto al passato ma rispetto agli altri, che non ne avranno)

Carta n° 1: il dipendente pubblico è per antonomasia un parassita raccomandato nullafacente, deve essere mandato a casa, senza offerte alternative. Giustissimo. Ma non servono nuove leggi né leggi speciali: se un lavoratore è assenteista, lavora male, ruba va sanzionato, licenziato, arrestato a seconda della gravità dei suoi atti.

Carta n° 2: il modello organizzativo dell’impresa privata e della libera concorrenza di mercato è un rimedio sicuro contro l’inefficienza del sistema, quindi imponiamo un modello privatistico alle “aziende pubbliche”. Se per modello aziendale si intende assumere e valorizzare nelle aziende pubbliche dei professionisti del marketing, della comunicazione e del controllo è probabile che l’azienda pubblica migliorerà i servizi contenendo le spese. Se invece significa mettere in concorrenza le aziende pubbliche (che forniscono un servizio pubblico) tra loro e tagliare a tutti un x% del personale, ci potremmo trovare con ospedali senza lo specialista per salvare una vita e altre strutture che opereranno pazienti sani per raggiungere il budget. Al di là della riforma Gelmini, alcuni economisti sostengono che in alcuni paesi in via di sviluppo questi processi di privatizzazione hanno in realtà uno scopo diverso: incassare subito delle risorse (in parte dirottate in luoghi sicuri) e poter mettere a capo delle aziende privatizzate uomini di fiducia che potranno poi operare più liberamente (perché è oramai un’azienda privata).

Carta n° 3: il governo riduce gli stanziamenti a favore delle aziende pubbliche (che divengono aziende private e quindi devono arrangiarsi a trovare le fonti di finanziamento) e sceglie chi sarà a giudicare della bontà del loro operato, da cui dipenderà la possibilità di ottenere “premi di produzione”. Valutare il merito è difficile ma è un’attività necessaria e che al tempo stesso crea un circolo virtuoso di emulazione. Un’idea bizzarra e accattivante sarebbe quella di creare una sorta di “giuria popolare” composta ogni anno da alcuni esperti stranieri, scelti attraverso sorteggio. Non sarà sicuramente il metodo migliore al mondo, ma eviterebbe le recriminazioni dei perdenti che potrebbero giudicare il Governo poco adattato ad ergersi a giudice qualificato nel momento in cui il proprio collegio dei probiviri non ha mai avuto alcuna critica da muovere ai vertici che hanno raccolto negli ultimi anni condanne anche definitive per associazione mafiosa, corruzione, evasione fiscale, appropriazione indebita,…



Come i professionisti del gioco delle tre carte, che gridano sempre agli incauti avventori “Non c’è trucco non c’è inganno!”, anche il Governo sbandiera proclami di difesa del merito e di crescita degli investimenti a favore degli istituti virtuosi. Chi punta il dito su una delle tre carte (contro la riforma Gelmini) per svelare il trucco e l’inganno, viene immediatamente apostrofato come (a seconda di quale carta ha sollevato):

  1. fascista
  2. comunista
  3. giustizialista

E tu cosa ne pensi della riforma Gelmini?

2 commenti:

  1. Salve!
    mi trovo sostanzialmente d'accordo con voi, ma mi chiedo se in effetti a causa della precendente riforma non ci sia stata un'eccessiva proliferazione di corsi e master (di cui a volte faccio fatica a capirne l'utilità) e se non era necessaria una seppur dolorosa sforbiciata.
    Nella mia esperienza di studente mi sono trovato di fronte ad una scelta di corsi (anche all'interno dello stesso corso di laurea) a volte esagerata, con programmi molto simili.
    Credo che fosse necessario frenare questa proliferazione e molte università stanno procendendo a ridurre i corsi tra cui scegliere.
    Mi chiedo però se non ci siano altri modi per ridurre il numero degli insegnamenti, anche per evitare che le università taglino corsi invece importanti solo perchè a insegnarvi vi sono giovani assistenti e non "luminari".
    Cosa ne pensate?
    Grazie!

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  2. La folle proliferazione di corsi fotocopia creati per piazzare qualche rampollo va sicuramente repressa (ma per farlo le leggi,oltre a quella del libero mercato, c'erano già)

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